Chi fuor li maggior tui?
Io ch'era d'ubidir disideroso,
non gliel celai, ma tutto gliel’apersi
(Inferno, X)
L’area mediana […] si estendeva molto più a sud, includendo le Marche meridionali, l’intero Abruzzo, il Molise e il Lazio meridionale, se non anche Capua, Benevento e la Capitanata.
(Barbato, 2005)
L’«inclita città» (parafrasando l’Incipit di una lettera di Coluccio Salutati a Gaspare Squaro dei Broaspini) di Gaeta, particolarmente nel periodo umanistico e rinascimentale, ha rivestito una importante posizione non solo all’interno delle vicende storiche e geo-politiche del Regno di Napoli, ma anche e soprattutto nell’ambito storico e culturale di tutta la penisola.
Antico ducato e città marinara dagli albori del Medioevo, depositaria di una lingua propria ed autoctona, al centro di scambi commerciali all’interno del Mare Nostrum e almeno importante quanto Napoli, la nostra città nel Quattrocento ed ancor di più nel Cinquecento, si trasforma in autentica porta del regno napoletano, ponendosi al centro della vasta serie di scambi politici, commerciali, culturali che da sempre hanno caratterizzato le coste del basso Tirreno. Sempre divisa tra «il perpetuum negocium di Atena armata ed il sacro ozio delle Muse» (per citare Eugenio Garin), la città ha comunque trovato la forza di costruire una solida struttura culturale che ha resistito al tempo e alle genti.
La lingua “commune” cui si fa riferimento nel titolo di questo lavoro, dunque, è il segno di una continuità culturale che muove dal medioevo e giunge al rinascimento; non solo la lingua letteraria e parlata, dunque, ma una lingua culturale, identificativa di una condizione sociale e culturale di riferimento nel Mediterraneo e foriera di modelli e sviluppi soprattutto nel confronto con le altre realtà italiche e mediterranee.
Dalla bellezza architettonica delle sue chiese e del suo castello (peraltro, fortezza inespugnabile sino al 1861) ai pregevoli dipinti di Giovanni da Gaeta, Pulzone, Criscuolo, dai documenti di origine alto-medioevale (il Codex Diplomaticus Cajetanus) agli Statuta, Privilegia et Consuetudines Civitatis Cajetae, la realtà che si presenta ai nostri occhi è quella di una città «ricca» non solo economicamente e di grande prestigio politico e culturale, anche nei confronti di quell’autentico faro - ad un tempo culturale e religioso - che è sempre stato il poco distante monastero cassinese.
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Chi quindi si faccia a studiare la cultura gaetana e della zona aurunca a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento, non può non interessarsi a tutte queste problematiche, inscindibili l’una dall’altra, tutte egualmente importanti e tutte - allo stesso tempo - rapportabili alla discussione sulle origini stesse della cultura moderna e contemporanea: si tratta insomma di continuare e vivificare un dibattito culturale (iniziato ai primi del secolo ed ora in parte sterile) che investe appieno politica e cultura, filosofia e teologia, e in cui convergono concezioni, tradizioni e progetti che costringono il ricercatore ad affrontare il problema nella sua totalità. Lo stesso titolo dato a questo scritto, pur con tutti i limiti ch’esso porta con sé, vuole essere in effetti una provocazione chiara, rivolta a coloro i quali ancora credono che - nello scrivere di Umanesimo o di Rinascimento (intesi entrambi come cariche rinnovatrici e paradigmatiche di un modo di «leggere» la Cultura) - basti comporre un elenco più o meno completo di date, fatti, situazioni ed avvenimenti senza minimamente tenere presente anche tutte le implicazioni letterarie, poetiche, filosofiche, artistiche e quant’altro con esse coincida.
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La sezione sulla proto-stampa a Gaeta raccoglie frammenti nel tempo elaborati per diverse occasioni. In particolare, la parte quantitativa deriva dal seminario s tenuto presso l’Università di Pisa (Le edizioni a stampa nella trattatistica dialogata (1489-1599). Un percorso di genere nella storia della stampa tra xv e xvi secolo, Dipartimento di Studi Italianistici, Università di Pisa, a.a. 2011/2012).
Le questioni relative alla cartografia in genere e alla cartografia di Gaeta sono il risultato, oggi completamente rivisto e per certi versi anche ampliato e corredato di maggiori immagini e planimetrie di Gaeta, di una conferenza tenuta presso l’Istituto Tecnico Nautico “Giovanni Caboto” di Gaeta nell’ambito delle celebrazioni del 160° di fondazione della scuola. ringrazio il prof. Gennaro Di Cecca e il Dirigente Scolastico dell’epoca prof. Salvatore Di Tucci per aver permesso di riportare qui gran parte di quelle impressioni. Molte delle rilevazioni qui contenute si devono invece alla continua interazione con Alfredo Langella e la sua ormai immensa raccolta fotografica e alle continue discussioni intessute con Lino Sorabella sulle antichità di Gaeta. A loro e agli amici Salvatore Antetomaso, Silvio Mignano, Salvatore Gonzalez, Pasquale di Ciaccio, Gino Oliviero (cui si deve una realistica ricostruzione digitale del mausoleo di Lucio Munatio Planco), Libero Devita va il mio ringraziamento per il continuo scambio di informazioni, fotografie di reperti e siti e per la ferrea volontà di riportare all’attenzione dei Gaetani e non solo la storia passata della città che non è fatta solo di Borboni e gelasiani, ma ha espresso nel lasso di tempo di cui queste pagine si occupano, una vitalità culturale di ampio interesse e di notevole caratura internazionale.
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L’analisi dei titoli di Freitag e la ricerca condotta sulle sue edizioni, unitamente alla fase storico-letteraria del periodo aragonese, sono parte di un precedente articolo scritto per il Bollettino online dell’Archivio di Stato di Caserta (Cinque secoli di musica a Gaeta, «Studi Campani», 2, 2009, pp. 5-39) e della conferenza tenuta presso la Società Filarmonica di Lugano dal titolo The Aragonese culture in Naples: the book culture in Montecassino 871 and the printing tradition (1470-1498), Lugano (CH), 8 Febbraio 2011, Società Svizzera di Musicologia, Università della Svizzera Italiana – Radio della Svizzera Italiana Radio 2.
Tratto da «Una lingua commune»: Gaeta tra X e XVII secolo: storia e antiquaria, lingua e cultura.